sabato 24 agosto 2013

Storia di Bouchaib, un'auto per tetto

da: www.tribunatreviso.it | di Agnese Moro                               

Ai cittadini della Marca Gioiosa, Laboriosa e Generosa Per motivi di lavoro faccio la strada che passa davanti alla casa della famiglia di Bouchaib Louckraimi almeno 4 volte al giorno. È da questo inverno che vedo un rudere con il tetto di nylon, che conosco da molti anni per essere stato da sempre occupato da persone in difficoltà, con dei giochi per bambini nello spazio antistante. Attualmente è recintato da una rete oscurante verde e alla sera c’è una lucetta accesa e un ombrellone multicolore che fa allegria in un posto così degradato. Il mio pensiero incomincia a girare intorno al fatto che lì dentro ci sono dei bambini. All’inizio di giugno circa, finalmente mi decido, fermo la macchina e suono al cancelletto. Mi apre un distinto signore seguito da due bambini di 1 anno e mezzo e 4 anni e una moglie giovane e spaurita e scopro che sono della mia stessa razza, la razza umana. Mi fanno entrare senza nessuna diffidenza e mi offrono il primo dei tanti thè bollenti alla menta e iniziamo a conoscerci. Bouchaib mi raccontra che è in Italia da 26 anni circa, anche lui con le sue vicissitudini personali, familiari e soprattutto lavorative: ha perso il lavoro per cui era regolarmente assunto. E così si ritrova immediatamente ai margini, come molti dei “nostri,” perché non riesce più a pagare l’affitto a Istrana e il passaparola gli fa trovare questo alloggio di fortuna. Dentro, nonostante il degrado, è tenuto tutto in ordine e pulito, la moglie lava i figli in secchi d’acqua e prepara i pasti con i buoni della Caritas. Hanno tutti i documenti in regola, Bouchaib ha versato regolarmente i contributi Inps, mi mostra tutte le carte e incominciamo a parlare insieme se non è il caso di trovare un’altra sistemazione, anche per i figli: quello di 4 anni non parla ancora. Bouchaib mi raconta che quasi ogni giorno vengono i vigili per dirli di sgomberare la casa, mi racconta di essere andato dal sindaco per chiedere aiuto e lavoro, ma questo gli ha suggerito di tornare in Marocco. In Marocco Bouchaib dopo più di vent’anni, dice di non avere più nessuno e che ormai conosce più italiani che marocchini. All’inizio di agosto accompagno il signore al Com.Unico per regolarizzare la sua residenza, fare richiesta di medico e pediatra, iscrizione alla scuola materna per i bambini. Penso: all’atto della richiesta sicuramente usciranno i vigili di nuovo, per valutare la già nota inagibilità della abitazione e sicuramente verrà presa in considerazione da parte del Comune e dei Servizi Sociali la condizione di disagio socio abitativa per una adeguata successiva presa in carico. Le cose invece precipitano e prendono tutt’altra direzione: in data 7 agosto vengo convocata dal sindaco per avere spiegazioni in merito alla presentata richiesta di residenza di Bouchaib. Mi presento accompagnata dalla mia famiglia e due cittadini che avevano seguito la faccenda fin dall’inizio. Non si istituisce nessun tavolo tecnico finalizzato alla soluzione del problema come scritto sui giornali, ma durante l’incontro durato un’ora circa viene continuamente ribadito il luogo comune che “come queste ce ne sono a migliaia di situazioni” e che il comune non può far molto, anzi, niente per tenere insieme la famiglia. Viene firmata l’ordinanza di sgombero, senza dare ai presenti una sia pur minima possibilità di trovare qualche soluzione alternativa. Lo sgombero viene eseguito senza resistenza alcuna il 9 agosto. Adesso la mamma e i bambini si trovano presso una comunità alloggio e il papà dorme prima in macchina e si riesce a trovare tramite l’assistente sociale per le emergenze di Treviso, un periodo di alloggio temporaneo presso il dormitorio pubblico. Ci sarà in futuro una casa, un lavoro e la possibilità di riunirsi per questa famiglia? Cosa mi ha spinto a scrivere al giornale dopo aver scoperchiato una situazione ai limiti dei diritti per l’infanzia e umanitari? In primo luogo la mia coscienza, e in ordine successivo il mio codice deontologico di medico e di pubblico ufficiale di fronte a una situazione di vera emergenza sanitaria presente nel territorio dove esercito ormai da più di 30 anni. Aiutando Bouchaib a regolarizzare la sua residenza non mi è mai passato per la testa di voler mettere in difficoltà il primo cittadino, che proprio perché “primo” ha il dovere principale di tutelare tutti quelli che vengono dopo di lui e versano in serie difficoltà. Mi auspico che scaturisca il bisogno di un dibattito pubblico e politico, un risveglio delle coscienze, per non perdere l’occasione giusta, sana, pacata, equilibrata di trovare insieme, al di là delle proprie posizioni di pancia, delle soluzioni di testa, per le prossime mille e mille situazioni che si presenteranno prossimamente ai Comuni, ai servizi Sociali. Adesso è compito della buona politica parlarsi per il bene di tutti, perché un domani potrebbe capitare ad ognuno di noi in difficoltà di trovarsi a dormire in macchina, con la vita stravolta in un attimo, dopo una rapida e veloce firma su un pezzo di carta, per rispettare la legge. Ringrazio tutti coloro che mi hanno letto senza pregiudizi e, come si dice, con il cuore in mano. Tutto questo a Preganziol, Treviso. 

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